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martedì 6 maggio 2014

La selva dei morti, Ernst Wiechert

La Selva dei Morti (Der Totenwald)

Ernst Wiechert

Arnoldo Mondadori Editore (1947)

 


Il libretto scritto da Ernst Wiechert nel 1939 (pubblicato nel 1946) ed intitolato La selva dei morti (Der Totenwald) è un piccolo gioiello pressoché sconosciuto ai lettori e dimenticato dalle case editrici. Ne esistono ancora poche copie in circolazione, tutte disponibili a prezzi molto accessibili. Eppure si tratta di un frammento di memoria importante che andrebbe letto e riletto; speciale, nel suo genere. Se infatti, da un lato, La selva dei morti si affianca alle altre e numerose opere dedicate alla tragedia comportata dal nazionalsocialismo tedesco, dall’altra se ne distacca nella misura in cui è qui un uomo di nazionalità tedesca ad essere preda e vittima del suo stesso popolo. 
Ernst Wiechert ci racconta, attraverso lo sguardo di un personaggio fittizio di nome Giovanni, uno scorcio di quella che è stata la sua esperienza privata, la vita nel campo di concentramento di Buchenwald, conosciuto come Der Totenwald poiché costruito al centro di un’immensa foresta di faggi. Giovanni, scrive Wiechert, è uno scrittore che trascorre “i giorni lambiccandosi vanamente il cervello intorno ai concetti di giustizia , di dignità umana”, valori su cui egli crede fondarsi l’autenticità e la ricchezza dell’essere umano come soggetto morale ed etico davvero libero e che perciò egli sente il dovere di tramandare, attraverso la sua attività, alle generazioni future. Sono proprio queste idee “sovversive” che, in seguito all’accadere degli eventi, gli costeranno l’arresto trasformandolo da libero pensatore in prigioniero politico.
Ma vi è senz’altro di più. La lente attraverso cui Wiechert ci narra, grazie a Giovanni, la sua tremenda esperienza non è tuttavia quella della rabbia e dell’odio: rimane nonostante tutto radicata nel profondo dell’animo dello scrittore la convinzione, solo apparentemente ingenua, secondo cui il male non sia destinato a durare poiché la storia, nel suo scorrere, è un percorso necessario verso la coscienza, la consapevolezza, la maturazione. L’educazione. Lo sgomento, l’incredulità che traspare dagli episodi che Wiechert dipinge a penna con struggente precisione non sprofonda dunque il suo personaggio nelle tenebre ma sorprendentemente lo riconduce alla solidità, alla cristallinea autenticità degli ideali a lui cari per cui aveva creduto giusto esporsi, gli erano poi costati l’arresto e che ora divengono la corazza invisibile da cui lasciarsi avvolgere per non perdere il proprio senso di sé... ed, in ultima analisi, il senso dell’umanità intera. Questi sono in fondo i principi, racconta Wiechert, che Giovanni vede percorrere le espressioni più alte della stessa cultura tedesca: attraverso i grandi della letteratura (tra tutti Goethe, Schiller, Keller) e della musica (Mozart e Beethoven), Giovanni dunque stempera nel suo intimo la tragedia che gli è toccato vivere, conservando nel cuore quella speranza che lo renderà sempre, anche da prigioniero, intimamente libero. E’ così nella schilleriana “Educazione del genere umano” piuttosto che nell’odio, della rabbia, nella sete di vendetta che Giovanni vede la redenzione della barbarie. La letteratura, la musica, l’amicizia ed, in senso più ampio, l’educazione culturale e civile per mezzo di quegli ideali universali che avevano visto proprio in un filosofo tedesco, Immanuel Kant, il più eminente sostenitore, si pongono per Giovanni come gli strumenti che solo posso permettere all’uomo di conservare  ed affermare la libertà e nobiltà d’animo... e, con ciò, la sua stessa umanità.

“Ma forse l'idea non è che un granello di semente in attesa del suo momento,come si racconta dei semi trovati presso le mummie d'Egitto?Le loro mani si eran dissolte al primo contatto,ma quel grano era rimasto.Forse non si viveva se non per un simile granello e poco contava andar dispersi, purché si serbasse il grano. Era difficile,in quella casa tenebrosa,saper qualcosa,ma qualche cosa bisognava pur sapere per attraversare il regno delle ombre. E fosse anche soltanto conservare la propria dignità”.
Ernst Wiechert, La selva delle ombre

Sul mio canale Youtube, una recensione più dettagliata: La selva dei morti, Ernst Wiechert

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