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venerdì 23 maggio 2014

Il nuotatore, Paolo Cognetti e Mara Cerri

Il nuotatore

Paolo Cognetti, Mara Cerri

Occhio Acerbo (2013)


 

Il libro di Cognetti è un libro sull’incontro: sull’incontro tra immagine e narrazione innanzitutto; e sull’incontro dell’autore con sé stesso: il sé che dorme ed avvolto nella calda protezione dell’inconscio abbandona la penna ai flussi di coscienza, ed il sé che sveglio ricopia affannosamente sotto dettatura del sogno. Ma è anche il racconto esemplare dell’incontro, attraverso l’inevitabile scontro, tra infanzia ed età matura.

Cognetti, in un’ afosa notte insonne milanese, trova finalmente sollievo sdraiandosi sul pavimento freddo che, trasportandolo finalmente nel sonno, libera la scrittura. Cognetti sogna di scrivere la storia di una gita: l’allenatore decide di portare i suoi ragazzi ad un’antica cava di ghiaia nella periferia milanese divenuta nel tempo un lago. La cava si trova appena fuori la città in un luogo che parrebbe assomigliare ad un bosco: non ad un bosco di montagna ma piuttosto al bosco dei luoghi abbandonati. Quello che cresce dove non c’è più nessuno.

Le immagini ed i colori che accompagnano la narrazione si fondono subito con la parola, restituendo l’invadente ed angoscioso senso di solitudine del luogo e dei ragazzi: il lettore avverte tutta la fragilità e la tenerezza di un’età che si appresta ad abbandonare l’accogliente e colorato mondo dell’infanzia per scivolare, nuda, spoglia, priva di difese, nel polveroso, indistinto e caotico mondo dei grandi. Il passaggio ha per l’autore il sapore della cesura, della separazione netta che Cognetti nel sogno che scrive, trasforma in una sfida. Vicino al lago i ragazzi scorgono una pedana, il trampolino da cui gettarsi, con l’incoscienza di una risata, in mezzo al lago. Cognetti non è più scrittore ma diviene, nella metamorfosi onirica, uno di quei bambini.

“Fu una sfortuna per lui che era di certo un ottimo nuotatore. Io invece non so nuotare”.

E’ lo sguardo allenatore, che rappresenta qui paradigmaticamente il mondo dei grandi, nei cui occhi passa la delusione per l’esitazione, la coscienza di un’incapacità, che spingerà l’autore bambino a tuffarsi senza pensare, mettendo da parte la sua paura, con un gesto di coraggio che solo un bambino saprebbe compiere. I toni petrolio, grigi striati lasciano posto a quelli acquosi, verdastri, luminosi e morbidi dell’acqua del lago che risucchiano il bambino liberandolo dall’angoscia dell’autore che ritorna scrittore che osserva, per renderlo animale meraviglioso al confine tra uccello e creatura marina. Plana, si avvita in girandole di bollicine, scende in picchiata, volteggia, trova un tesoro.Risale.

Mentre gioca con l’acqua smeraldina, in alto sopra di lui, sopra la superficie dell’acqua, due occhi immensi lo osservano. Sono gli occhi dello scrittore contro la luce del sole.
“Hai ancora paura? gli domandai?”
“Hai ancora paura? rispose lui”.
Cognetti qui gioca con corpo ed ombra, con lo specchio ed il riflesso, con la voce e con l’eco, allacciando attraverso lo sguardo, appena prima di svegliarsi, i due destini in un unico tuffo all’incontrario, verso la superficie.

L’immagine che chiude il racconto è di nuovo uno scorcio di Milano che non appare più mangiata dalla nebbia e dalle striature di grigio petrolio. Ha trattenuto la consistenza dell’acqua. E le sue scintille di colore pastello.

Qui trovate la recensione sul mio canale You Tube:Il nuotatore, Paolo Cognetti - Mara Cerri

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