Cerca nel blog

lunedì 19 maggio 2014

La gita delle ragazze morte, Anna Seghers

La gita delle ragazze morte

Anna Seghers

Marsilio (2010)

 

Anna Seghers, pseudonimo di Netty Reiling, nasce nel 1900 a Magonza e muore nel 1983 a Berlino. La prima edizione de “La gita delle ragazze morte” appare nel 1944 in spagnolo grazie ad una casa editrice messicana: la Seghers infatti, tedesca di origine ebrea, era stata costretta a rifugiarsi in Messico per sfuggire alla persecuzione nazista. Il racconto comparirà in Germania solo nel 1948.

La storia che ci narra Anna è apparentemente semplice: nel racconto Anna ricorda una gita a cui prese parte con la classe femminile che frequentava da ragazzina in una fresca giornata di primavera. La penna della scrittrice traccia con precisione la fisionomia delle amiche, i lineamenti del viso, la giovinezza in fiore; ma ciò su cui si sofferma la narrazione sono senz’altro i gesti che le compagne si scambiano e che rendono conto dei profondi rapporti d’amicizia e di complicità che le legano. L’atmosfera ridente e delicata in cui il lettore è calato attraverso un linguaggio fortemente visuale, cinematografico vorrei dire, è però turbato da ombre nere che immediatamente riportano il lettore alla realtà, sottraendolo all’atmosfera sognante di quella giornata di primavera. Il racconto della Seghers si rivela immediatamente essere condotto attraverso la strategia stilistica del "futuro ricordato" dove, una Netty Reiling ormai matura, rifugiata nelle aride e calde terre messicane, cammina attraverso ricordi che la conducono, come in una fiaba, nella visione passata della sua infanzia.

L’arsura del sole, l’aria soffocante lascia il posto dunque a quella tersa e cristallina dei paesaggi boscosi tedeschi in cui Anna ode il suono di un’altalena. Sull’altalena scorge Marianne e Leni, le sue grandi amiche d’infanzia che giocano e ridono insieme, scambiandosi gesti d’affetto: ecco Marianne porre un piccolo fiore tra i capelli di Leni che, ridendo, getta indietro la testa lasciandosi trasportare dall’altalena che la culla attraverso l’aria fresca. La tenerezza struggente che invade Anna di fronte a questa visione lascia però subito il posto ad un altro ricordo che ci proietta nel futuro della visione quando, ormai adulta, Marianne rifiuterà di prestare all’amica la somma di denaro che sarebbe riuscita certamente a salvarle la vita consentendole di fuggire dalla persecuzione nazista.

"Io continuo a vedere Marianne con il suo fiore rosso tra i denti e pure mentre dà risposte astiose alle vicine di Leni e anche mentre giace con il corpo carbonizzato, i brandelli di abito fumanti nella cenere della casa dei genitori. Infatti i vigili del fuoco giunsero troppo tardi per salvare Marianne quando il fuoco del bombardamento delle case colpite dove era ospite si propagò. Non ebbe una morte più lieve di quella di Leni, da lei rinnegata, morta di fame e di stenti nel campo di concentramento"

Questa strategia narrativa che intreccia al ricordo, brandelli di presente e di futuro cala la narrazione in un tempo biblico privo di un vero fluire, dove presente, passato e futuro sono condensati insieme in istanti sospesi. Ed è sempre in questa speciale sospensione temporale e sempre attraverso la medesima scelta narrativa, che Anna/Netty racconta delle altre compagne di scuole presenti alla gita di cui ben presto scopriamo non esserne sopravvissuta nessuna. Le giovani donne, tutte ed in diversi modi vittime dell’esperienza nazista, divengono simbolo di una fase storica che ha nel sacrificio delle nuove generazioni, all’ideologia e all’intolleranza, un altro dei suoi aspetti più disumani.

In questo racconto, evidentemente, la morte è motivo dominante nella misura in cui esso diviene denuncia della cultura necrofila nazista di cui la Seghers propone un superamento attraverso l’arte, la scrittura, alla quale Anna assegna senz’altro un compito educativo. Attraverso la letteratura Netty tesse le sue visioni assegnando alla spontaneità, all’innocenza, alla schiettezza dell’amicizia ricordata, immortalità e purezza che non possono essere scalfite dalla corruzione ed in cui vivranno in eterno i sorrisi di Leni ed i fiori di Marianne.
Tale intento è evidente fin nella gestione del lessico, ovvero nel processo di decostruzione e riscatto della lingua tedesca divenuta sotto il nazismo una “lingua di sangue”. Anna si appropria così di tutti quei termini afferenti alla gerarchia tedesca, all’esclusione, allo sterminio e all’ideologia per depurarli, liberarli dalle deformazioni e, così, umanizzarli. Ciò avviene ad esempio per il concetto di “Volk”, dunque di “popolo”, che Anna strappa alla tradizione nazista che ne legava il senso all’appartenenza di sangue, alla razza, per sostituirne uno genuino, che ha nell’appartenenza al paese natio, alla natura con la sua rassicurante immobilità ed armonia (contrapposte evidentemente alla fugacità delle conquiste ed alla sopraffazione umana), il proprio significato.

Mito, leggenda e realtà conducono un racconto che rende senz’altro conto, attraverso una prospettiva interessantissima, di un periodo storico particolare e che tuttavia non si riduce a questo. Si tratta di una fiaba per adulti che simbolicamente ci parla più in generale della fragilità, della precarietà degli uomini, della difficoltà d’essere uomini tra uomini e che ci invita a sostituire nella concezione della storia, alla logica dei vinti e dei vincitori, l’idea per cui essa sia piuttosto l’insieme di frammenti delle nostre vite. Alle persone rimane infine la responsabilità di scriverne la trama.

“Noi tre rivolgemmo lo sguardo controcorrente abbracciate strette. Il sole pomeridiano radente sui colli e i vigneti si posava qua e là sugli alberi da frutto fioriti di bianco e rosa. Nella tarda luce solare qualche finestra splendeva come un incendio. I paesini sembravano farsi più grandi man mano che ci si avvicinava e rimpicciolirsi non appena li lasciavamo.Proseguimmo sotto il ponte sul Reno sul quale di lì a poco, nella prima guerra mondiale, dovevano transitare i convogli militari con tutti quei ragazzi che adesso bevevano il loro caffè in giardino e con gli allievi di tutte le scuole. Quando quella guerra ebbe fine, sullo stesso ponte passarono i soldati degli alleati e più tardi anche Hitler con la sua giovanissima armata che rioccupò la Renania finché i nuovi convogli militari per la nuova guerra mondiale non condussero alla morte tutti i ragazzi di questo popolo”





Qui la recensione del racconto sul mio canale You Tube: La gita delle ragazze morte, Anna Seghers

Nessun commento:

Posta un commento