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giovedì 29 maggio 2014

Il Professor Unrat. L’Angelo azzurro

Heinrich Mann

Mondadori (1991)

 

Il Professor Unrat, o La fine di un tiranno è un libro scritto da Heinrich Mann nel 1905 e conosciuto grazie alla trasposizione cinematografica proposta dal regista Von Sternberg nel 1930. Heinrich Mann, fratello maggiore di Thomas Mann, sostenne sempre ideali democratici e pacifisti che, nel 1914, lo portarono ad un duro confronto con il fratello il quale, a differenza di Heinrich, parteggiava per l’entrata in guerra della Germania. Nella produzione di Heinrich Mann la letteratura, se da un lato divenne un laboratorio stilistico in continua evoluzione, dall’altro continuò sempre a farsi portatrice di un messaggio universale che incorporava in sé ideali di tolleranza e di umanesimo democratico. Anche per questo i suoi libri vennero inseriti tra i libri vietati e sovversivi durante il periodo nazista e, dichiarato nemico dello stato, Heirich Mann dovette scappare dalla Germania rifugiandosi prima in Cecoslovacchia poi in Francia da cui continuò ad organizzare e a dirigere gruppi antinazisti. Dopo l’occupazione nazista della Francia fuggì attraverso i Pirenei e raggiunse gli Stati Uniti dove incontrò di nuovo il fratello Thomas e dove morì dieci anni dopo.

Nel 1905 diede alle stampe il romanzo intitolato Il professor Unrat. La fine di un tiranno  a cui il fratello Thomas non risparmiò inizialmente asprissime critiche definendolo frivolo, forzato, poco riuscito. Si tratta sicuramente di un romanzo particolare nella produzione di Heinrich Mann che, in primo luogo, potremmo dire, mette in scena una sferzante e tagliente satira del sistema sociale guglielmino. Ma sarebbe limitato fermarsi qui. Heirich Mann recupera in una nuova forma la tematica dell’outsider, del disagiato, del misantropo estraneo alla società (e tuttavia incapace di rifiutarla fino in fondo) che già era stata trattata qualche anno prima, sebbene in toni diversi, dal fratello con il racconto Tonio Kröger.

La storia ci narra quindi di un uomo, il professor Raat. Di quest’uomo sappiamo che è vedovo ed ha un figlio che frequenta compagnie equivoche, dissipa i soldi e non vede da anni. Sappiamo anche che insegna in un liceo e sappiamo che proprio i suoi alunni cominciarono a chiamarlo con l’appellativo di Unrat, immondizia, all’inizio della sua carriera. Da allora Raat è conosciuto da tutti, colleghi, allievi, amici, familiari con questo soprannome che egli naturalmente detesta perchè esprime, con una similitudine sudicia, il posto che l’uomo davvero sente di occupare entro l’ordine sociale. “Tutto ciò che accade a scuola”, afferma Raat, “riflette la serietà e l’effettiva gravità della vita”.
Tutti gli anni, Raat sulle proprie classi rovescia l’odio che prova nei confronti di un’esistenza di cui non sa decifrare il linguaggio e che, come accade in classe, sembra prendersi gioco di lui. La meschinità, la cattiveria con cui Unrat affrontare le circostanze lo rendono, agli occhi degli altri, ancora più patetico, incomprensibile, tanto che in questa figura ambigua non si distingue a sufficienza il confine tra il suo essere carnefice, tiranno, ed il suo essere vittima.

Raat procede nel mondo con le armi dell’astio, dell’odio e dell’insofferenza che presto trovano in uno dei suoi scolari, l'allievo Lohmann, una figura paradigmatica, simbolica, verso cui rivolgersi. Lohmann è diverso da tutti gli altri scolari: non lo insulta apertamente, non lo chiama con il famoso appellativo, non lo teme affatto; lo compatisce piuttosto, lo provoca, non si espone. Lohmann è il peggiore, racconta Raat, perchè umilia con la sua insolenza, manca di rispetto mettendo in dubbio la forza della tirannia. Lohmann provoca Raat in modo silenzioso, per questo il professore non lo può punire. Lo scopo di Unrat diviene allora quello di cogliere il ragazzo sul fatto e fargliela pagare, perché così non si possa dire che al mondo esiste una persona in grado di prendersi gioco di lui senza avere ricevuto in cambio la sua ira, la sua rabbia.

Ecco che allora un giorno, ritirando il quaderno di Lohmann, l’unico ad aver saputo svolgere un tema impossibile, Raat scopre dell’esistenza di Rosa Frölich. Unrat quel giorno aveva assegnato alla classe un componimento da svolgere sul contenuto della terza preghiera che Schiller, nella sua opera dedicata a Giovanna D'Arco, avrebbe fatto pronunciare al Delfino davanti alla Pulzella di Orlean; ma di fatto non esiste nessuna terza preghiera poiché il Delfino, come ci racconta Schiller e come Lohmann si cura di scrivere nel suo componimento, ne pronuncia soltanto due. Lohmann scopre così con un gesto irriverente agli occhi in Raat l'incapacità del professore di confrontarsi con la realtà in modo sincero e la necessità di dover far invece ricorso a gesti inetti: provocato dall'insolenza di Lohmann, Unrat si appropria del quaderno dove, tra le pagine, si imbatte proprio nel nome di Rosa Frölich che il ragazzo ha scarabocchiato con la penna accanto ad alcune frasi romantiche.Raat trova finalmente un elemento intorno a cui meditare la sua vendetta e decide così di mettersi alla ricerca della donna.

Accade però qualche cosa che il professore non aveva previsto e che ci aiuta a capire meglio questo personaggio fin’ora tanto odioso e detestabile: quando Unrat finalmente scopre che Rosa fa la canzonettista all’Angelo azzurro, un locale di spettacoli leggeri, non s'imbatte in una poco di buono, come aveva creduto, in una donna sporca, ma, almeno così gli appare, in uno spirito con cui confrontarsi, un essere umano che lo sta ad ascoltare, che lo prende sul serio, una creatura che sosta, nel mondo, in uno spazio stretto e ripugnante molto simile al suo. Come Unrat sente di subire le sue classi, e dunque il mondo intero, così Rosa, secondo Raat, subisce il suo pubblico mentre canta la sua canzone, “...perchè son tanto piccola e innocente”; subisce gli sguardi sudici che le si posano addosso e godono di uno spettacolo, di una maschera, senza cogliere chi vi sta sotto. La maschera di Rosa, crede Unrat, è uguale alla sua, e cioè quella che ha dovuto costruirsi per affrontare il mondo e coincide con una morale meschina che proclama la sua dissidenza, la sua lontananza dall’altrettanto meschina morale comune. Una maschera che insieme, tuttavia, gli è necessaria per poter mantenere un legame con la società in cui è costretto a vivere e che quindi non può e non sa recidere, rifutare integralmente.
Nel luogo in cui dunque Raat pensava di trovare pattume morale, da usare poi contro Lohmann, trova invece la speranza di una moralità autentica. Rosa dunque offre a Raat l’ accesso al riscatto nei confronti del falsi valori etici e culturali difesi goffamente per tutta la vita attraverso una caricatura.

“So benissimo...in fede mia...”, rivela Unrat, “che quasi sempre la cosiddetta moralità fa tutt’uno con la stupidità. Può dubitarne soltanto chi non abbia una cultura umanistica. Comunque sia, la moralità può tornare utile a quelli che, non essendo ad essa soggetti, possono giungere facilmente a dominare quelli che invece non possono farne a meno. Anzi, si potrebbe sostenere e dimostrare che la cosiddetta moralità debba essere richiesta rigorosamente ai sudditi. Io stesso nel mio comportamento mi sono sempre uniformato alle usanze morali dei filistei. Non perché attribuissi loro qualche valore, ma perchè non trovavo motivi per dovermene allontanare. Questo non ha però impedito che...che la mia propensione per te mi rendesse particolarmente difficile accettare certe cose che invece bisogna approvare, anzi, che queste cose mi causassero profondo dolore. Perchè io ti ritengo una donna eccezionale che pochi meritano di avere”

Le cose però non stanno esattamente come Raat crede. Sebbene Rosa venga trasformata dal suo sguardo in una creatura potente ed ultraterrena, rimane una donna leggera ed ingenua, che si serve di quest’uomo debole e bisognoso per mettere la sua vita al riparo, combattuta tra l’affetto sincero che sente di provare per lui ed una sottile repulsione.  L’incontro con Rosa si rivela allora per Raat fatale e proprio per via del valore di cui lo ha investito, della sua funzione: privo di maschere ora Raat è trascinato dalle circostanze, dalla follia, dal suo destino fino all’epilogo, quando da ultimo coglierà sì sul fatto l’allievo Lohmann: ma lo coglierà insieme alla sua Rosa. La rabbia di Raat esplode contro le cose, contro Rosa, contro sè stesso e la sua vita, a cui solo l’intervento eppoi l’arresto da parte della polizia riuscirà a mettere fine, riportando il professore nella posizione scomoda e meschina in cui lo ha rilegato il mondo:

“Una bella carrettata di immondizia! Unrat si voltò fulmineo per vedere chi gli gridasse quella parola che non era più un serto di vittoria ma tornava ad essere una manciata di fango che lo colpiva alla schiena. Agitò il pugno mentre la sua mandibola fremeva: ma un getto d’acqua lo colpì in piena bocca. Unrat gorgogliò, ricevette uno spintone a tergo, salì incespicando sul predellino e finì a capofitto sul sedile accanto alla Fröhlich e nell’oscurità”.

Qui potete trovare la recensione del libretto sul mio canale You Tube: Il professor Unrat, Heinrich Mann

martedì 27 maggio 2014

Perchè ogni dettaglio non è fatto per essere notato. Ma per essere scoperto.

Gli Uccelli

Germano Zullo - Albertine

Topipittori (2010)

Oggi è un giorno speciale...perché è un giorno proprio come ieri. Un giorno in cui tutto passa e si ripete, un giorno che sembra perdersi negli altri. Il giorno in cui le cose piccole chiamano l’attenzione eppure ci spostiamo; e quelle ancora più piccole, nascono, e non lo sappiamo.

Ma nella storia che vi vorrei raccontare oggi, il tempo non scorre: possiamo respirare, prenderci una pausa. Dare tempo al nostro sguardo, al nostro sentire.
Quella di oggi non è una storia perduta e ritrovata. E’ il racconto di tutte quelle storie su di noi che rischiano di perdersi e di non essere mai narrate.
E’ la storia di un dettaglio e dell’attenzione che dobbiamo ai dettagli. E’ una storia senza età.


Questa storia comincia con un uomo che potrei essere io, un camion che potrebbe essere il mio, in un luogo fuori dallo spazio e fuori dal tempo.Quest’uomo ci offre un’occasione in regalo: e cioè quella di mostrarci un errore, farcelo leggere, rendercelo evidente attraverso l’aiuto di colori sgargianti, schematici. Ponendolo a distanza. Quest’uomo oggi ci regala insomma un bel paio di occhiali.

L’errore di cui quest’uomo ci parla è, vorrei dire, un errore insidioso innanzitutto perché si nasconde sotto le pieghe dell’abitudine: quello cioè di credere che ogni giorno sia un giorno qualunque, che ci passa addosso, servedosi di noi solo per distinguere dentro di sè, il prima dal poi. L’abitudine insegna cioè che quella della causa e dell’effetto è una legge naturalmente inscritta dallo scandire del tempo e che ad essa non possiamo che essere soggetti: la terra ruota attorno al sole e non ci sono buone ragioni per dubitare che il sole prima o poi sorgerà, proprio da quella parte, dalla parte giusta. E tuttavia se ci sforziamo, ricordiamo che il sole non sorge affatto, sta proprio fermo lì dov’è. Il nostro è un inganno percettivo che si radica sulla consuetudine e che tuttavia, pur nella sua conclusione errata, ci aiuta a capirci, ad orientarci nel mondo.

Scandire il tempo attraverso l’abitudine ci aiuta quindi  a descrivere il ritmo della nostra identità, ci rincuora e ci consola. Ciò che interferisce con la consuetudine, invece, solletica l’imprevisto, incrina il ritmo.


Oppure...oppure no?Il nostro ometto universale pensa certamente ci sia dell’altro.
 
Egli ci insegna a coltivare il dettaglio. Ad addomesticarlo.. con amore, dedizione ed empatia.
 
Specialmente il dettaglio che non si uniforma, che ci racconta una storia diversa, che spezza il ritmo. Perché spesso è attraverso un solo dettaglio che smettiamo di subire il tempo che passa, che ci manovra con l’abitudine, per trasformarlo nel tempo che coltiviamo, in vita vivente.


Perchè è vero che le cose accadono. Ma è anche vero che abbiamo il compito, la responsabilità di farle accadere.





Qui vi lascio la recensione sul mio canale You Tube: Hot fabula #4: Perchè ogni dettaglio non è fatto per essere notato. Ma per essere scoperto.