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martedì 3 giugno 2014

Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza.

CHI SONO I NEMICI DELLA SCIENZA? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza 

GIORGIO ISRAEL
LINDAU S.r.l. (2008)





Il compito che Giorgio Israel, professore di Matematiche complementari presso l’Università di Roma “La Sapienza”, affida al suo libro intitolato “Chi sono i nemici della scienza?”, è innanzitutto quello di provare a valutare le cause della crisi della cultura scientifica e dell’insegnamento scientifico in Italia; in secondo luogo, approfondire le ragioni che sembrano separare cultura scientifica e cultura umanistica. Tale impegno procede sulla scorta di due premesse: la prima muove dall’ (incerta) assunzione che la scienza, intesa come impresa conoscitiva, davvero esista ancora; Israel riscontra infatti un cambiamento profondo nei rapporti tra scienza pura e le sue applicazioni, ovvero tra la scienza propriamente detta, la tecnologia e il dilatarsi di una sfera di attività dominata dalla manipolazione tecnologica e in cui la scienza teorica -dunque la scienza pura, la ricerca scientifica- ha, nella considerazione dell'opinione pubblica, un posto sempre meno centrale -se non subordinato-. La seconda assunzione lega l’indagine di Israel al solo caso italiano ed alle sue specificità.

Proprio in Italia sembra infatti emergere un paradosso: la società italiana è una società sempre più irreversibilmente fondata sulla scienza e sulla tecnologia, dove di scienza e tecnologia si parla moltissimo, ma in cui la scienza in sé e per sé suscita scarsissimo interesse e rispetto a cui sempre più si sta diffondendo un dilagante analfabetismo. Ciò è testimoniato a parere di Istrael dalle iscrizioni sempre più basse alle facoltà scientifiche che, a loro volta, dato lo stato degli insegnamenti nelle università dopo l’istituzione delle lauree triennali (con il frazionamento di corsi sempre più brevi e focalizzati su temi ultraspecifici o ridotti a riassunto di nozioni generali), non sempre propongono una formazione scientifica davvero soddisfacente e competitiva su scala internazionale.

La politica, la sociologia si sono naturalmente interrogate su tutto ciò trovando tuttavia risposte secondo l’autore davvero comiche: innanzitutto, si è affermato, siccome i giovani, quando leggono, evidenziano interesse pressoché esclusivo verso la cosiddetta “letteratura delle fiabe”, verso cioè libri Fantasy come Harry Potter o Il signore degli anelli, non sarebbero in grado di sviluppare in modo rigoroso il ragionamento matematico ed argomentativo; tuttavia si dimenticano ad esempio, nota Israel, che l’autore di una delle fiabe più fantastiche mai scritte, Alice nel paese delle meraviglie, sia stato un grandissimo logico ed un indiscusso matematico. Si è data poi colpa alla religione, quando invece non è provata alcuna correlazione necessaria tra religiosità e disinteresse scientifico tanto che si potrebbe stendere una lunga lista di grandi scienziati credenti. Infine si è puntato il dito contro l’impostazione fondamentalmente umanistica della scuola italiana quando, almeno fino a che non è cominciato il suo sistematico smantellamento, niente ha impedito che l’Italia producesse scienziati di prim’ordine. Era infatti luogo comune, racconta Israel, che i migliori studenti delle facoltà scientifiche provenissero da studi classici anziché scientifici.

Da dove dunque ha origine il deperimento dell’interesse per la scienza pura? Israel indica tale origine proprio nella tendenza coltivata e promossa dalla società italiana verso l’approccio tecno-scientifico e verso la propensione ad esaltare della scienza esclusivamente le sue applicazioni, lasciando in ombra la genesi che infine conduce a tali applicazioni. In sostanza, così ci viene instancabilmente ripetuto scrive Israel, la via giusta per diffondere la cultura scientifica consiste nel propagarne un’immagine accattivante, divertente ed utile, vicina alla vita di tutti i giorni, comprensibile, ricca di riferimenti pratici ed immagini giocose. Si sostiene cioè un’immagine della scienza che incoraggia ad interessarsi alle applicazioni ed alla tecnologia, mentre scoraggia la curiosità verso la concezione della scienza intesa in primo luogo come impresa conoscitiva, come se le ragioni, la sensatezza delle prime non si radicassero poi proprio su quest’ultima.

Tale tendenza sembra avere l’apparente merito di rendere più democratica -in questo senso, accessibile- la scienza poiché soffermandosi sui risultati, ne semplifica, addirittura ne annulla, nascondendoli, i reali processi di lavoro, i metodi, la genesi..che della scienza è certamente la parte più complessa ma è anche il suo meccanismo di controllo. Viene insomma venduta l’ immagine di una “scienza buona” che garantisce risultati e non comporta fatica perché in fondo non sembra essere necessario soffermarsi sul suo "come", su come cioè questi risultati vengono raggiunti. La conseguenza di questa concezione, e forse il suo successo più evidente e recente, è stato ad esempio il caso Stamina: come è noto, i responsabili del progetto hanno voluto nascondere i metodi della loro proposta di cura, nonostante la comunità scientifica internazionale li richiedesse insistentemente per poterne valutare l’effettiva scientificità -metodi che oggi sappiamo essere stati dichiarati privi di qualsiasi evidenza scientifica- e questo è potuto accadere senza che in Italia l’opinione pubblica (almeno, una sua buona parte) si sentisse offesa da tale rifiuto o avvertisse l’urgenza di domandare in massa spiegazioni, serietà. Tutt'altro. Questo secondo Israel è potuto accadere innanzitutto perché la società italiana, il sistema educativo italiano non educa i suoi cittadini ad interessarsi alla “complessità” ma tratta la scienza come una merce tra le altre di cui ciò che importa è restituirne un’immagine ammiccante, accattivante e salvifica. Che tranquillizzi.

Il problema della cultura scientifica, questo infine mi pare essere il messaggio più interessante delle riflessioni di Israel, non può essere ridotto, come invece ci abituano a credere, allo scontro tra sapere umanistico e sapere scientifico, nascondendo le responsabilità dietro categorie astratte. Esso è piuttosto da indicare nella progressiva distruzione di una visione umanistica della scienza, dove per umanistica si intende innanzitutto problematica, specifica, la quale prima che offrire risultati, pone problemi, richiede metodi. I metodi sono naturalmente fallibili e necessitano quindi  dell’attenzione della comunità scientifica e dell’opinione pubblica, alla quale non spetta certo il compito di giudicarne la validità, ma piuttosto il diritto ed il dovere di pretenderne il rigore e la serietà senza essere distratta da promesse ed illusioni. E’ proprio nell’analisi di questi metodi che, infine, sta la garanzia dei risultati della ricerca, la loro validità e, soprattutto, il loro preziosissimo ed irrinunciabile controllo.

Qui potete trovare l'intervento sul mio canale You Tube: Chi sono i nemici della scienza?

1 commento:

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