Cerca nel blog

lunedì 9 giugno 2014

La paura, Federico De Roberto

La Paura

Federico De Roberto

Edizioni e/o (1995)

 

 



La paura è uno dei racconti più riusciti e purtroppo meno conosciuti di Federico De Roberto noto invece per la sua opera maggiore, I Viceré.
In questo breve racconto scritto nel 1921 De Roberto ci presenta una trama scarna tanto quanto la scrittura che la tesse, tracciando così uno spaccato veritiero di paese reale che non ha certezze da difendere, né messaggi da diffondere ma è depositario di orrore e paura.

Siamo al fronte insieme al tenente Alfani, alle prese con un compito delicato: l’ufficiale deve mandare uno dei suoi uomini a coprire una posizione di vedetta rimasta sguarnita. A turno, secondo l’ordine stabilito, i soldati tentano così di raggiungere la postazione ma vengono uccisi uno dopo l’altro da un cecchino dell’esercito nemico. De Roberto ci racconta con linguaggio realistico e privo di commenti, considerazioni o giudizi la via crucis di ragazzi giovanissimi la cui paura va crescendo via via con il numero dei morti. Questi uomini, che al fronte credevano di potersi distinguere per imprese eroiche o morire con onore, si trovano così stretti nella morsa della guerra di cui De Roberto restituisce tutta l’assurdità. Lo scrittore narra questa spaventosa mancanza di senso dando la parola a chi sin’ora ne è stato privo e cioè ai soldati che consegnano ai loro rispettivi dialetti la rappresentazione di un' indicibile paura. Questa scelta narrativa aggiunge densità ad un racconto già fortissimo che si colora per questa via dei toni della nostalgia, della speranza, della malinconia quasi ad umanizzare una condizione che d’umano, sembra dirci lo scrittore, non conserva davvero più nulla. Per un momento allora, per un momento solo, la “terra” in cui si trovano immersi i soldati, non è quella di sangue e di fango della trincea, ma la terra che si sono lasciati alle spalle, fatta di legami, di familiarità e di tradizione ed a cui, come sanno, non potranno mai più fare ritorno.

L’ultimo dei soldati prescelti per la missione è Morana, il personaggio più riuscito dopo il tenente Alfani. Morana è un ragazzo molto giovane che rompe la folle corsa verso la morte rifiutando il compito assegnato e scegliendo il suicidio piuttosto che piegarsi alla logica del massacro. Morana riesce lì dove Alfani sembra aver fallito, spezzando la legge inviolabile della guerra che chiede ad ogni soldato di rispondere innanzitutto al proprio ruolo prima che alla propria umanità, alla propria ragione.

Con la morte di Morana, che idealmente con il suo gesto gioca lo scacco al tenente Alfani, De Roberto afferma il fallimento conoscitivo conseguente all’esperienza bellica ed alla sua narrazione: la guerra, sembra dirci lo scrittore, è un’esperienza che, anche se narrata, non può essere cambiata. Può solo essere “testimoniata”, in questo senso descritta il più fedelmente possibile, realisticamente, in modo scientifico: solo così è possibile evidenziarne, paradossalmente, l’illogicità, l’ascientificità. Il ruolo della letteratura, a cui De Roberto non può allora assegnare alcun valore salvifico, si insinua proprio nella cesura creata da questo paradosso: essa deve dunque porsi come puro metodo poiché solo dal metodo passa la testimonianza la quale non può che darsi se non attraverso una narrazione oggettiva e libera da ogni intenzione ideologica e moralista.

Qui potete trovare la recensione sul mio canale You Tube: La paura, Federico De Roberto

Nessun commento:

Posta un commento